Questioni aperte: Sclerosi Multipla, CCSVI e altre faccende (seconda parte)

Il punto di vista dell’umanista

(linee guida per un pamphlet)

 

  1. Riflessioni sul concetto di terapeutico
  2. Tre anni di mobilitazione per la CCSVI: cos’è cambiato
  3. Rapporto medico-paziente: storia di una sconfitta

 

2. Tre anni di mobilitazione per la CCSVI: cos’è cambiato

 

Prima di addentrarci nello specifico della questione citata nel titolo del paragrafo, mi sembra necessario fare alcune doverose premesse a riguardo di quattro aspetti importanti ai fini della comprensione del caso:

a) Alcuni meccanismi riguardo la Scienza Medica e i rapporti di potere

b) Il ruolo delle Multinazionali del farmaco

c) L’informazione e la comunicazione

d) La fenomenologia dell’associazionismo nell’ambito della salute

 

a) Il mondo della Sanità e della Ricerca scientifica sono i luoghi di potere per eccellenza: oltre alle enormi quantità di denaro che ruotano intorno alla sfera della salute, che già di per se stesse sono fonte dell’ingordigia di forme parassitarie di vario genere, sussiste un’altra natura del potere che deriva da un sapere scientifico specialistico, poco noto ai più, se non del tutto sconosciuto, che crea un’aura quasi sciamanica intorno a quel camice bianco. Più il nostro scienziato acquista credibilità agli occhi della collettività, più se ne sancisce l’indiscusso prestigio.

A questo si aggiungono alcuni meccanismi tutti italiani della sedimentazione del potere, attraverso l’accumulazione delle cariche e una tendenza gerontocratica a non investire mai nel ricambio. Tutto questo crea ovviamente un problema importante, se consideriamo che la ricerca si nutre d’innovazione e di circoli virtuosi di dialogo tra interessi diversi: in Italia l’interesse è uno ed è quello di chi ha ormai radicato, senza alternative, il suo potere, che in altri termini significa anche che “gattopardianamente” tutto cambia per restare com’è.

Se questo non bastasse a sancire processi viziati sin dall’origine nel campo, si aggiungono gli stretti legami, certamente opportunistici, con la politica, l’industria che produce presidi sanitari, farmaci e parafarmaci, ecc., e con l’Università: i primariati e altre assunzioni in ambito sanitario sono state sempre carte da giocare ad ogni appuntamento elettorale, le direzioni sanitarie sono notoriamente di nomina politica e dunque non credo di dover perdere altro tempo.

b) Le Multinazionali del farmaco hanno un ruolo preponderante nel mondo della Sanità, esse sono le principali finanziatrici degli studi scientifici. Esattamente, proprio per la loro potenza economica, decidono su cosa sia più giusto investire nel campo della ricerca, cosa debba essere pubblicato sulle riviste scientifiche, dalle stesse ben sovvenzionate, cosa omettere all’opinione pubblica, salvo fortunate eccezioni, che fanno ben sperare che anche “un ricerca più libera è possibile”, ma avventurarsi è difficile, a volte il sistema schiaccia gli outsider.

Le Case farmaceutiche hanno imparato molto bene cosa sia il mercato globale e investono il 25% nel marketing e solo l’1% nella ricerca: così, sui nostri quotidiani compaiono articoli dove una figura della Sanità autorevole, sponsorizza la nuova uscita come fosse un detersivo, per cui se il detersivo X lava più bianco, il farmaco Y è più efficace.

Detto questo, il mondo della ricerca è assai complesso, spesso sopravvivono conflitti tra interessi diversi, dove la scienza gioca a risico con pubblicazioni costruite appositamente per negare quelle precedenti, mentre i pazienti stanno a guardare. Oltre al più becero nichilismo, credo che tra tanta meschinità, ci sia ancora una ricerca scientifica pulita in cui credere. Almeno io voglio credere che esista, come ogni malato.

c) Abbiamo accennato al ruolo dell’informazione. Il mondo della comunicazione è estremamente cambiato: le informazioni viaggiano più veloci, i pazienti come i medici hanno più possibilità di scambio immediato, anche le case farmaceutiche hanno provato a dare con più chiarezza e definizione notizie sui farmaci da loro prodotti. Ricordo (ahimè ho un’ottima memoria) come il Tysabri fece parte appunto di questa sperimentazione da parte della Biogen, salvo che, qualche mese dopo, l’amministratore delegato si lamentò del calo dei profitti, causati a suo parere, dall’eccessiva informazione sui decessi dovuti alla PML (l’infezione del sistema nervoso che può presentarsi sotto somministrazione del farmaco suddetto). Purtroppo, non sono riuscita a reperire le dichiarazioni apparse sui giornali della Finanza americana a tal proposito. Comunque, c’è voluto poco perché queste Multinazionali cambiassero idea: hanno celermente preferito lasciare una parte delle informazioni, definite più sensibili, a esclusivo appannaggio della classe medica, con la motivazione che il medico avrebbe meglio saputo spiegare al paziente i costi e i benefici dei prodotti. A pensar male si fa peccato, ma spesso ci s’indovina. Una battaglia persa perché i pazienti hanno il brutto vizio di parlare tra loro.

Ci sarebbe anche da aprire una lunga trattazione sulla spettacolarizzazione televisiva, la ricerca dello scoop sulla carta stampata, la tendenza alla semplificazione dannosa del giornalismo, l’impreparazione degli utenti, troppo influenzabili, incapaci criticamente di soppesare le notizie perché spesso analfabeti del linguaggio della comunicazione contemporanea. C’è un gap tra tecnologia e reale capacità di fruizione della stessa. L’immagine si fa spazio tra tanti discorsi ambulatoriali, “ho visto che camminava di nuovo” o “ho visto che non tremava più”, ecc. Un attimo che irrompe nella disperazione quotidiana del malato cronico. Ma di questo ne parleremo nella terza parte.

d) Le associazioni hanno perso credibilità come i partiti: le organizzazioni strutturate, ripetendo gli stessi automatismi, hanno perso il loro ruolo di rappresentanza, “la legge ferrea dell’oligarchia” si ripropone e le dirigenze si allontanano sempre più dallo spirito che aveva fatto nascere quei sodalizi, la base, ovvero il vero scopo dell’intera azione associativa, non ha più voce. Le grandi associazioni dei pazienti hanno strutture sempre più complesse fino a creare una classe dirigente che si affianca a un comitato scientifico: le due componenti si legittimano vicendevolmente, tra ricatti e scambi opportunistici. I loghi delle case farmaceutiche appaiono nelle pagine di queste associazioni, solidificando una scelta dove dei malati se n’è persa traccia molto, ma molto prima. Le piccole associazioni sono invece ostracizzate, isolate dallo scambio virtuoso con la classe medica, quella politica finge interesse, mentre ha piena cognizione che vige la legge del più forte.

 

CCSVI: una mobilitazione mondiale

CCSVI: una mobilitazione mondiale

Ma torniamo a noi: la scoperta della CCSVI (insufficienza venosa cronica cerebro-spinale) ha semplicemente evidenziato quale silente rivoluzione sta ancora, come un magma sotterraneo, smuovendo i vecchi continenti. Quando la neurologia si è imposta sulla collettività dei malati con l’atteggiamento del “io sono la scienza e tu non sei nessuno”, non aveva ancora fatto i conti con quanto, a livello socio-politico, stava già ribollendo: movimenti spontanei di chi fino ad allora era rimasto subalterno, hanno iniziato a chiedere più trasparenza, più responsiveness e accountability, hanno iniziato a fare domande, talvolta scomode, come la sottoscritta: ancora oggi non è stata data una motivazione adeguata al fermo o al rallentamento degli studi sul legame tra la componente emodinamica e quella prettamente neurologica. Si è piuttosto scelta la strada della delegittimazione della scoperta, degli scopritori e persino della percezione dei pazienti, improvvisamente entrati in una grande allucinazione collettiva, rispetto ai benefici dell’angioplastica.

Questi movimenti, con il passare del tempo, hanno cercato di istituzionalizzarsi, divenendo associazioni: questo ha ottenuto una naturale dispersione delle forze, come succede sempre in questi fenomeni, cominciando a degenerare da una fase progressista di ribaltamento della prospettiva, a quella di nuova subalternità verso soggetti diversi. Il paziente non è riuscito a diventare maggiorenne, adulto, è rimasto ancora a una vecchia fenomenologia, quella del bisogno: solo che ora, oltre ad aver bisogno del neurologo, hanno bisogno del radiologo interventista o del chirurgo vascolare. Gramsci la definirebbe una rivoluzione passiva.

Le Case farmaceutiche hanno ostacolato l’affermazione della CCSVI? No, l’hanno semplicemente ignorata, in attesa di capire come e se sarà possibile lucrarci, e gli studi che non hanno fini di lucro hanno tutti enormi difficoltà a essere portati avanti, come accaduto già, nella sclerosi multipla, per quanto concerne la grossa parte dedicata al miglioramento della qualità di vita, dal settore riabilitativo all’attività sportiva adattata, alla genetica che non è immediatamente profittevole, e così a tanti altri aspetti che non sono direttamente spendibili in termini di mercato.

Sulla questione poi si aggiunge un altro fattore: la necessità di introdurre nuovi soggetti nella gestione della malattia, ovvero gli angiologi, i radiologi ecc., ha fatto sobbalzare su molte sedie della neurologia internazionale, ricordando come la coperta dei finanziamenti alla ricerca sia troppo corta e che la sclerosi multipla è “cosa nostra”.

Poiché abbiamo assistito all’estremizzazione del dibattito, dall’informazione si è passati alla propaganda, così che ogni voce fuori dal coro, da una parte o dall’altra della trincea, è stata rigettata, la comunicazione è andata semplificandosi sempre più, i pazienti hanno iniziato a preferire il sogno all’approfondimento scientifico. È allora che ne ho preso le distanze.

Abbiamo perso i principi che hanno ispirato la vecchia guardia che aveva dato vita alla mobilitazione, come purtroppo accade spesso nei fenomeni simili. S.C.

 

Continua

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  1. Posted by Stefania

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