Il nostro Gramsci

gramsci2Non credo sia una novità, per chi mi segue da tempo, che io sia un’appassionata di studi gramsciani e storici. A novembre ho presentato la mia Tesi di Laurea Specialistica “Gramsci giornalista: profili storici e teorici”, una Tesi in storia contemporanea sulla figura del noto intellettuale e della sua produzione giornalistica, alla XIII edizione del Premio Gramsci, indetto dall’Associazione casa Natale Antonio Gramsci di Ales. La mia trattazione ha ricevuto la menzione per la pubblicazione e in effetti verrà inserita nell’antologia, con gli altri vincitori del concorso, successivamente alla premiazione avvenuta questa mattina. Purtroppo, non potendo essere presente, ho dovuto inviare una lettera di ringraziamento, letta in sede di consegna dei premi.

Mi fa piacere riscontrare che entrambe le mie Tesi di Laurea risultino pubblicate, come riportato nel mio sito ufficiale. In primis, “Viaggio nell’impolitico”, edito Franco Angeli, è stato persino tema d’esame all’Università di Palermo, in secundis, il mio piccolo contributo agli studi gramsciani andrà ad affiancarsi agli altri lavori di spessore di giovani ricercatori. Mi permetterete un certo senso di soddisfazione che accompagna con un sorriso questa comunicazione.

Non ho scelto di proseguire nell’ambito della Ricerca, il mio pragmatismo mi ha portato a pensare che la mia salute non mi avrebbe permesso d’investire in una carriera che mi avrebbe portato povertà e precarietà, in questo maledetto Paese, cosa che non mi sarei potuta permettere. E poi, non mi allettava l’idea di poter finire a portare il caffè a qualche Barone, sempre che avessi avuto la sola possibilità di entrare in quell’infido mondo, dove la meritocrazia resta l’eccezione che conferma la regola. Questo non m’impedisce però di continuare a studiare, a scrivere, perché come dico sempre “lavoro per bisogno, scrivo per vivere”.

Di seguito riporto quanto da me inviato:

 

Pur nel rammarico di non essere con voi presente, a causa di motivi lavorativi, in questa giornata dedicata al nostro Gramsci, più che alla sola premiazione dei lavori, cosa che la renderebbe forse più semplicisticamente una vanità, è doveroso rivolgervi un saluto e un ringraziamento, in primo luogo all’Associazione Casa Natale Gramsci, che da sempre si spende per tenere viva la testimonianza umana e intellettuale di questo grande pensatore, e alla Giuria, per il suo fine lavoro di esame dei tanti elaborati pervenuti.

Questa menzione m’inorgoglisce e mi lusinga.
Mi soffermerò ora sul mio elaborato: devo subito rivolgere un necessario e pur sincero ringraziamento a Giuseppe Manias, responsabile della Biblioteca Gramsciana, prezioso supporto nella ricerca del materiale bibliografico, e il prof. Stefano Pira, relatore della mia tesi, per avermi dato quest’opportunità di studio e approfondimento. 

In effetti, sul Gramsci filosofo, storico e politico, si è detto e scritto tanto, a volte persino troppo quando le diverse interpretazioni diventavano funzionali al giustificazionismo di questa o di quella ideologia di sorta. Sul Gramsci giornalista invece, non si è ancora approfondito abbastanza, e il mio è stato un umile tentativo di dare inizio a un percorso di studi che su più fronti resta aperto.

Nel mio caso, avevo premura di suscitare riflessioni sul concetto stesso di “giornalismo”, in una contingenza dove il potere della Comunicazione è in ascesa, trovandoci non sempre pronti a decifrarne i meccanismi, e sono ancora troppe le ombre che ne oscurano il progresso. Inoltre, ho voluto accennare all’equivoco del “Gramsci sardista”, riportandone, attraverso i suoi stessi articoli, l’azione e il pensiero al reale approccio internazionalista nella lotta politica per la causa nazionale delle classi subalterne.

Non ruberò altro tempo, ancora grazie a tutti voi che oggi avete scelto di far brillare ancora la luce del nostro Gramsci, e dico nostro non a caso, perché egli è patrimonio di tutti. Vedere tanta partecipazione giovanile a questo evento, di quella mia stessa generazione sulla bocca di tutti e mai nella stanza dei bottoni, mi lascia nella coscienza una tenace speranza.

Buon proseguimento,

Stefania Calledda

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