Imprinting 5

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Capitolo V: L’altro

 

Ti guardo nella tua innocenza, il tuo sguardo dolcissimo rispecchia il tuo carattere buono e pacifico mentre scopri il mondo, con quel piglio curioso materno e le lunghe ciglia eredità di tuo padre. Vedi, “l’uomo nasce libero e ovunque è in catene” [Il contratto sociale, J.J. Rousseau], e con questo assunto la tua educazione non potrà che confrontarsi, perché per questo da sempre io e tuo padre abbiamo deciso di impegnarci tra volontariato e fare quotidiano, perché l’altro non sia mezzo, ma scopo.

Nel mio sorriso, nel mio abbraccio, in ogni mia carezza c’è un’ombra d’inquietudine che mi attraversa: mi sento addosso la colpa di tutto quello che non potrò darti, per questo impedimento chiamato malattia, e non c’è fatica nel trovare le mille soluzioni alle mie mancanze, ma l’angoscia di non potercela fare sempre, per quel senso d’inadeguatezza che ogni madre si porta addosso, ancor più se disabile.

Ecco, sarà forse questo il primo insegnamento, l’importanza di tendere sempre la mano, per quel senso di parte di un collettivo a cui ci lega una solidarietà di fondo, perché l’altro sia scoperta e non nemico, la diversità sia opportunità e ricchezza, piuttosto che barriera. In una vita c’è sempre tempo per la diffidenza e la paura, non lascerò che sporchino la tua infanzia.

Certo, sarà difficile lasciarti andare “per la grande strada, verso il mondo grande e terribile” [A. Gramsci, lettera del 30 giugno 1924], eppure accadrà, ma è ancora presto e perciò posso ancora godere di questa tua purezza bambina, ridere con te per le piccole e insignificanti evoluzioni quotidiane che per te sono così importanti, vitali.

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