A proposito di Memoria

Io mi ricordo bene come un’adolescente curiosa e investigatrice del reale, con la libreria del salotto piena di volumi marxisti e femministi dei miei, taluni spesso lasciati intonsi o persino ancora incellofanati, che pensai bene di rovinare segnando e staccando pagine nella furia di sfogliarli. Il più malconcio era, ed è da qualche parte tra i miei traslochi, “La Questione Sarda”, raccolta di testi sulla Sardegna di Antonio Gramsci. Certo, non mancava la grande letteratura, il mio eterno amore per “Cent’anni di solitudine” e tutta la letteratura latino-americana. 

Non ero una ragazzina normale, ora lo so, fuori dalle dinamiche di classe, passavo il mio tempo libero a confrontarmi con la musica di strada, mettendo al servizio la mia penna e la mia voce, educata dall’incontro con una bravissima insegnante e la musica corale. A quell’età la tua piccola cittadina di provincia lascia lo spazio mentale per sognare la Rivoluzione in sella a una motocicletta, mentre i grandi bevono cuba libre cantando Intillimani a fianco delle bandiere dell’associazione Amicizia Italia-Cuba Sardegna e Amicizia Italia-Palestina Sardegna.

L’ho presa “un po’ larga” questa deviazione, ma qui volevo arrivare.

La questione palestinese ha molti più anni di me, eppur ormai vado per i quarantadue e infatti, non faccio video su Tik Tok o stories su altri social, io sono una millennial che da tempo immemore ha iniziato a scrivere con la carta e la penna e in seguito aprendo blog. Eccoci qua, dunque.   

Quella di Israele nei confronti della Palestina ha un nome preciso da sempre, per quanto distinguo e smussature linguistiche tutt’altro che disinteressate oggi pervadano i mass-media: OPPRESSIONE.
Da qui la premessa per capire che per mia formazione e sensibilità ho da sempre il malcapitato vizio di stare con i vinti, indigeni solitamente di gradazione del derma più scuro del mio, io, strana creatura di probabile origine vichinga piovuta nell’isola. Ritornando al discorso serio di cui sopra, appare ormai evidente che la kefiah che ho in casa sta a significare senza ombra di dubbio che sto anche stavolta dalla parte del POPOLO OPPRESSO.

Non mi dilungherò nello spiegare i perché e i per come, ve lo hanno già ampiamente analizzato coloro che della questione s’intendono molto più di me, dati alla mano, e devo dire annoierebbe persino me stessa scriverne, continuando a far finta che quello a cui abbiamo già assistito non sia abbastanza per denominarlo senza artificio retorico per quello che è: un GENOCIDIO.

Quella Stefania adolescente credeva che l’Europa unita dei popoli ci avrebbe portato lontano dalle guerre e che il tempo delle oligarchie fosse finito, per l’entrata delle masse popolari nella Storia contemporanea come protagoniste finalmente, così aprivo il mio esame orale di maturità e il mio percorso tra storia e letterature italiana, latina, inglese, francese e spagnola. 

Dieci giorni dopo i fatti di Genova 2001 frenavano i miei entusiasmi e mi ricordavano che siamo solo formiche e la strada è molto lunga, come scriveva nei suoi libretti rossi Mao Tse-Tung. E da qui riprendo il mio racconto personale, perché a tutto questo ci siamo arrivati un po’ per volta, nessuno di noi è stato scaraventato all’inferno da un giorno all’altro.

Delusa dall’esperienza nella facoltà di Filosofia, m’innamorai di Scienze Politiche dopo aver assistito a una lezione sull’art. 3 dei Principi Fondamentali della Costituzione. Dare gli esami di economia fu un atto di resistenza, nonostante la continua, serpeggiante, quando non manifesta, ideologia neo liberista della globalizzazione salvezza dei popoli, della terziarizzazione e dello Stato come nemico della ricchezza della Nazione, in cui qualche sociologo e statistico abbozzava qualche dato meno entusiasta. Poi i miei professori di economia decisero a modo loro di governare la Sardegna, la ricetta la conoscete, l’avete vista mettere in pratica a livello nazionale.

Ero bambina quando cadeva l’Unione Sovietica, per poi spacciare fino ad oggi i fallimenti del socialismo reale per i mostri dell’ideologia socialista e comunista, salvo che ogni Paese nel mondo l’ha interpretato in maniera diversa, trovando il proprio modo di fare socialismo. Si veda l’Europa occidentale dove ha contribuito alla costruzione democratica prima e ha fatto sempre parte della dialettica politica poi.
Almeno finché non è uscita sconfitta dalla battaglia per l’egemonia, soccombendo alla cultura imperante della competizione, del successo da pesare in banca e del numero di follower da spennare parlando di skin care e simili, per una libertà vuota che fa a meno della giustizia sociale.
Disprezzo per ogni ISMO mi raccomando, tranne l’unico rimasto, ça va sans dire, e poi un altro, quel SIONISMO trapiantato per mano inglese in terra altrui, un rigetto nazionalista del Novecento con radici sempre nel Vecchio Continente e che diventa una necessità storica a discapito del popolo palestinese, una bandierina dello Zio Sam in più per il Risico di Washington. 

A proposito, l’inammissibile conflitto in Europa che ha destabilizzato l’area e inghiottito il Vecchio Continente in un irresponsabile scontro tra potenze che la guerra fredda aveva finora appunto scongiurato, continua a far vittime. Ora gli Stati Uniti alzano la posta per mezzo degli alleati europei, nella cieca incoscienza di trascinare prima il popolo ucraino e poi l’intera sfera terrestre in una guerra certamente nucleare. Siamo a un passo dalla catastrofe, sudditi di una continua espansione NATO. Infatti, anche l’Ucraina non ce l’hanno raccontata realmente, si chiama PROPAGANDA, tipica di ogni regime che si rispetti, tipica dello stato di guerra. Sì, siamo in guerra, lo denuncia la corsa agli armamenti, lo chiarisce senza ombra di dubbio la scelta di aumentare le risorse finanziarie per le spese militari depauperando servizi “secondari” come Sanità e Istruzione. 

Mai avrei pensato di vedere l’ORRORE del più grande LAGER mai organizzato sulle coste del Mediterraneo, dove se non ti uccide l’intenso e costante bombardamento quotidiano, ti uccide la fame o le epidemie da mancanza di igiene, costretti alla privazione di tutto.
Pensavo che Auschwitz ci avesse vaccinato e a dir la verità, milioni di persone nel mondo hanno continuato a manifestare per fermare il massacro, ma la classe politica occidentale è rimasta sorda ad ogni invocazione. Le risoluzioni ONU restano solo carta di fronte al veto statunitense.

I Paesi occidentali sono i mandanti di uno sterminio perpetrato in più punti geografici e che ha già colpito milioni di persone e oggi assassini diretti e complici: un filo rosso sangue dall’Ucraina alla Palestina, passando per il Congo. Lo sviluppo capitalistico ha depredato risorse in maniera spropositata in una logica predatoria sull’ambiente e sulle persone. La crisi climatica minaccia l’esistenza, mentre i Governi si spartiscono le macerie del PIANETA.

A cominciare dalla mia generazione, i diritti acquisiti sono stati rimessi in discussione, spesso additati come fardello di un mondo superato: un atteggiamento che aveva il bollino dell’ineccepibile parola dei più preparati, dell’intellighenzia più raffinata, dei soloni dell’avanguardia più progredita. E io li sentivo i colleghi della Facoltà sbavare discorsi appena inculcati e premiati a suon di 30, di cui ne ho ancora ribrezzo.
Ecco cosa ci hanno impiattato per l’ultima cena, sacrificandoci nel nome del libero Mercato: lavoro precario, povertà, sanità e scuola pubblica sempre più degradate, scadenti, pensioni da fame.  

Milioni di persone nel mondo continuano a sfilare per fermare la mobilitazione militare in corso che mette i brividi, per ricordare i diritti di tutti, per rimettere al centro il LAVORO e la PACE, per fermare l’abbuffata del mondo finanziario col bavaglio insanguinato al tavolo del profitto, mentre di lavoro ancora si muore.

Per i miei quarant’anni avrei preferito di più, c’avevamo creduto dal Popolo di Seattle in poi, invece gli ultimi vent’anni sono stati uno scivolare muto nell’abitudine, un accettare l’inaccettabile. In pochi, sempre meno noi critici, puntavano disperati la Luna mentre sindacavate sul dito.
Spero che le generazioni future siano in grado di cambiare l’involuzione imperante. Io intanto corazzo mia figlia per la Resistenza, come donna, come lavoratrice domani, come essere umano, ma umano davvero.

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