Attraversando il Po: naufragi autunnali (3)

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Sulla Mole Antonelliana - Torino

Sulla Mole Antonelliana – Torino

“sul tappeto magnifico dei versi voglio dirvi qualcosa che vi tocchi”

Terza Parte

È una grigia giornata a Torino, un cielo plumbeo pesa sul traffico di un sabato novembrino, dove la città rallenta e in centro si preparano alle numerose iniziative previste per il weekend. Parrebbe una città spenta, se non fosse per lo sfolgorare autunnale del Valentino, il parco sul Po.

A lato del fiume, puoi sentire un fruscio rapido tra le foglie ormai cadute, è uno scoiattolo con la sua noce in bocca che sguscia via, lontano dai passanti. Torino, Torino, una metropoli contraddittoria, Torino Mirafiori, Torino che lavora e corre, Torino con l’orologio sul polsino e il colletto bianco, Torino Regia, Torino sabauda, con il suo Vittorio Emanuele sul cavallo che ci sovrasta, Torino capitale, Torino mille razze, mille accenti, mille dialetti, Torino Porta Nuova, con la valigia di cartone, Torino e la Storia che cammina sotto i portici di Via Roma, Torino in bicicletta all’Università, sotto la Mole, Torino e una gustosa farinata da Cecchi, Torino devota, Torino egizia. Torino, mille facce e un fiume imponente e minaccioso, quando piove, Torino, Torino, non puoi non amare questa città.

Io, la presidente di Abbraccio onlus Ignazia Cucci in sede

Io, la presidente di Abbraccio onlus Ignazia Cucci in sede

Per Corso Unione Sovietica, penso alla serata alle mie spalle, agli indimenticabili incontri, alle mani che ho stretto, agli abbracci che ho dato e ricevuto, alle rose che porterò via, alle dediche e alle firme lasciate sui libri, a come mi scalda il cuore arrivare nell’intimo delle persone, a te che sei così distante, a primo impatto, per finire con dare di te di più, di più di quanto avevi calcolato.

E quella Sardegna, ancora, perché la gente lo capisce, nel tuo dolore di migrante, che c’è un amore mai pacificato che ti adombra quando parli dell’isola, perché, allora dico, “non è sempre vero che parlare della Sardegna come di una dimensione mitica e intoccabile, voglia dire amarla davvero o di più, a volte c’è più amore in chi critica, condanna e punisce, come fa una madre quando riprende un figlio che sbaglia, che ha torto”. Ti delude di più chi hai amato profondamente.

C’è che, ancora una volta, certe parole, certe frasi, certi versi, arrivano più di altri, per l’intensità con cui li hai scritti, e allora della lettera prima della partenza (pag. 65), la gente è turbata da quel quesito che chiude, una domanda come una ferita che si riapre: “che cosa ti rimarrà di me, se non una corona di spine?”. “Che cosa significa?” mi chiedono, intimoriti. “È una poesia dedicata a una persona che ho lasciato in Sardegna, senza un saluto”, spiego allora, “il fu mio neurologo. Questa riflessione, anche se in versi, si chiede cosa rimane ai nostri medici di noi, se c’imponiamo una distanza fittizia che inaridisce il rapporto, se non siamo capaci di viverci come persone, al di là dei ruoli, non resta soltanto il nostro dolore, la nostra sofferenza, appunto, la nostra corona di spine?”.

Presentazione di "D'altri naufragi" a Torino

Presentazione di “D’altri naufragi” a Torino

“Perché” mi dice la ragazza in privato, “ti preoccupi, che vuoi che gli freghi, a loro di noi non gliene frega nulla”. Una grande constatazione che ci investe, sarebbe bello pensare che però la cosa non ci sfiori, invece, è la più grande tragedia della nostra Medicina. Rispondo che “La poesia è nobile di per sé, non ha bisogno di altra nobiltà, so che a volte scrivo parole al vento, lo sono nella maggior parte dei casi, ma se anche solo una persona, leggendola, si sia ritrovata costretta a soffermarsi e a riflettere, allora questa nobiltà avrà il potere di crearne altrettanta”.

Mi piace pensare che a Torino, questa è stata la percezione, abbiamo seminato qualcosa, insieme, io e il pubblico, e verrà il tempo del raccolto. S.C.

 

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