Memento audere semper

Autore: | Pubblicato in Pensieri sparsi 6 Commenti

Sulla CCSVI si è perso il buon senso, ci si meraviglia dell’ovvio: ci si meraviglia ad esempio che un paziente scelga di avere più pareri, in altre parole faccia più consulenze diagnostiche, in considerazione del fatto che si tratta di un esame, l’ecocolordoppler, operatore dipendente e suscettibile quindi di variare a seconda dell’esaminatore e delle condizioni in cui si trova l’esaminato; ci si meraviglia che siamo ormai diventati molto diffidenti e che richiediamo sempre un’attestazione che dimostri una formazione e una strumentazione il più corretta possibile, quando da ogni parte c’è un dopplerista che si improvvisa con l’etichetta “anche meglio di Zamboni”, o ancora certi interventisti chiudono la faccenda con un “anche meglio di Galeotti”; ci si meraviglia che la richiesta di ecocolordoppler non dipenda dal neurologo, ma che sia il medico di famiglia a chiedere l’esame specialistico come è sempre avvenuto: pensiamo se avessimo un’insufficienza venosa degli arti inferiori, certo non andremmo dal neurologo a chiedere un parere.

Ora, ciò che riscontriamo nella pratica di questi due anni è una realtà estremamente e pericolosamente diversificata che comporta, oltre ad atteggiamenti di superbia, megalomania ed altre caratteristiche purtroppo diffuse nella classe medica, casi di trattamenti inefficaci perché il paziente al doppler di controllo risulta come non trattato, casi di trombosi, giugulari collassate e dunque chiuse per sempre e trattabili solo chirurgicamente, nonché un’altissima percentuale di restenosi. Inoltre, qualunque angiologo serio farà notare che le tecniche e la strumentazione per trattare il sistema venoso sono ancora all’età della pietra e dunque ad oggi le persone sono trattate solo in parte.

Tutto questo per dire che quando un direttore di un centro sclerosi multipla, uno scienziato, commenta semplicisticamente “io non ho visto trattati migliorare”, si mette al pari dei pazienti che raccontano con entusiasmo i propri benefici senza però dati oggettivi alla mano. Per dare dei giudizi sul post trattamento si dovrebbe fare un lavoro di equipe che coinvolga più figure specialistiche, accompagnando l’esame neurologico all’esame radiologico venoso e di risonanza magnetica, nonché alla valutazione fisiatrica: diversamente sono chiacchiere. Ciò che riscontriamo nella quotidianità della sclerosi multipla è che il paziente è totalmente nelle mani del neurologo che non sempre ha la professionalità, dunque le conoscenze e le capacità, per determinare la situazione complessiva dell’assistito. Questo mi riporta a riflettere su quanto affermato a proposito del conflitto d’interessi o peggio ancora della loro convergenza: anche qui ci si meraviglia dell’ovvio e mentre si difende a spada tratta il proprio lavoro, nella stessa sede si sottolinea più volte che la coperta è corta e che lo studio della CCSVI porta via troppi finanziamenti ad altre ricerche, cioè quelle che si intende portare avanti, continuando ad ignorare che l’approccio alla sclerosi multipla sta cambiando e che le nuove scoperte hanno bisogno di prendersi più spazio rispetto a quelle del passato.

Questo discorso mette in luce quali siano gli interessi delle parti in causa: la neurologia tende a non voler perdere il monopolio della sclerosi multipla, ponendo l’accento sui finanziamenti, quindi in qualche modo smaschera tutto il paternalismo che abbiamo dovuto subire per due anni. Il conflitto d’interessi non sta nell’intascarsi personalmente determinate cifre, come ha messo in evidenza la sentenza americana contro la Merk Serono, la corruzione sottile passa per i finanziamenti per i congressi, per le ricerche, per i viaggi di studio ecc. Questo riguarda tutta la Medicina e quando la questione CCSVI diverrà un interesse delle multinazionali del farmaco accadrà che lo stesso meccanismo si ripercuoterà nel mondo del vascolare: non ci sono illibati in questo sporco gioco di interessi. Rilevare questi meccanismi economici e politici non è voler fare le pulci ai nostri terapeuti, è fare un’analisi dei fatti oggettiva che prescinde da ogni partigianeria, se non quella dedicata all’elemento più debole, il malato.

Fino ad oggi non ho voluto mettere a disposizione la mia testimonianza personale, perché appunto è personale, dunque interessante solo se la mia documentazione medica è registrata e comparata statisticamente con un gruppo rilevante, come appunto avverrà. Per ora la mia è sola esperienza che affianco a quelle di coloro che conosco: ad un’osservazione empirica appare evidente che il trattamento della CCSVI agisca sull’azione infiammatoria, per cui alcuni episodi eclatanti sono da ricondursi a situazioni temporanee di “acuto”, ovvero soggetti in ricaduta; per quanto concerne invece disabilità accumulate nel tempo derivanti ormai dall’atrofia di parti del sistema nervoso e dunque irreparabili, il trattamento non ha alcun effetto, ed anche qui ci si meraviglia dell’ovvio. A volte la scienza si dimentica del buon senso e non comprende che per un malato di sclerosi l’azione che l’angioplastica comporta, cioè il miglioramento della forza muscolare, dell’astenia, della memoria di lavoro, costituiscono i cardini per svoltargli la vita, pur mantenendo le proprie disabilità. A me personalmente è capitato che appunto la mia paraparesi di tipo atassico continui a persistere anche dopo l’intervento, ma è compensata dalla maggiore forza e da un miglioramento della sensibilità che evidentemente era per lo più di origine infiammatoria. Così vale per l’astenia, la cui scomparsa ti restituisce una vita normale e non parlo nemmeno della lucidità mentale, che non essendo misurabile, è difficile spiegare cosa significhi non sentire più un peso costante sulla testa, o ancora è difficile spiegare cosa significhi avere una funzionalità sfinterica normale in termini di qualità di vita, se non altro il mio organismo ringrazia. Questo non fa di me una persona sana, fa di me una persona malata che vive con più autonomia e dignità la propria quotidianità. In più l’intervento mi ha salvato dagli effetti del post-Tysabri che hanno accelerato in maniera drammatica la mia malattia, ma nessun neurologo consiglierebbe l’angioplastica a una persona che sta vivendo quella situazione, sarà riempito di cortisone inutilmente com’è accaduto anche a me. Inoltre, maggiore forza e minore stanchezza significano poter investire di più su riabilitazione e sport per cui, mentre ci si fa mille elucubrazioni mentali sull’effetto placebo, vado in palestra e a fare nordic walking.

Insomma, mi ritrovo ad assistere a convegni dove la neurologia, scegliendo di ignorare l’opportunità della CCSVI, parla di ciò che non conosce e francamente sono stanca di sentire idiozie, di dover erudire sul post trattamento, io dovevo pendere dalle labbra dei nostri scienziati, invece di dover “fare i disegnini”: gradirei che quando si parla di CCSVI si abbia almeno avuto la cortezza di studiare.

In altre parole, noi ci schieriamo senza dubbio alcuno dalla parte di chi vuole ricercare la CCSVI in maniera seria, multidisciplinare, coerente con le regole che la scienza mette a disposizione, perché per la sicurezza e l’efficacia del trattamento stesso è importante che sia effettuato all’interno di studi controllati, dove il paziente è seguito in tutti i suoi aspetti, dall’inizio alla fine: non si può pagare per un intervento che, viste le conoscenze attuali, sarà sicuramente fatto in parte, carente, migliorabile. Ma perché tecnica e strumenti si affinino, è importante, in particolare nella chirurgia, che vi sia una pratica di ricerca. Ecco perché noi ci disponiamo a supportare centri che perseguano questi obiettivi.

S.C.

Comments
  1. Posted by M.G.
  2. Posted by Gianluca
  3. Posted by Stefania
  4. Posted by Salvatore
  5. Posted by Stefania
  6. Posted by benedetta

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