Tramonti a nord est

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Il Veneto è un contesto ingombrante se solo appena ti soffermi a pensare quale storia, quale meraviglia artistica, quale intraprendenza economica e civile accompagna il tuo sguardo straniero ed il passo incerto di chi non conosce la strada.

Non devi mai voltarti indietro, la tua sardità è un cumulo denso d’identità millenaria, che certo non la nebbia delle valli può assopire.  Non hai bisogno del ricordo, è un inutile intralcio, trattieni a te soltanto l’entusiasmo del nuovo che avanza, e allora non importa ciò che eri, ma piuttosto quello che sarai. I suoni dialettali del luogo, i sapori e gli odori che incontri, tutto ti restituisce una dimensione altra da quella che hai lasciato, senza rimpianto e senza rimorso, solo l’inquietudine delle cose dimenticate sospese.

Ma Vicenza, Città Patrimonio dell’Umanità come riconosciuta dall’UNESCO, ti accoglie così come arrivi; non si sofferma troppo sulla tua provenienza, sia tu africano, americano o semplicemente sardo. Sei, qui ed ora, vicentino, ed allora devi imparare in fretta il linguaggio locale, gli intercalari, le consuetudini, e se pur cordialmente, con una stretta di mano o una pacca sulla spalla, non sono ammesse nostalgiche tentazioni d’esportazione.

Dalla finestra del mio appartamento una distesa di campi coltivati a mais si arrossa al calar del sole, mentre un cielo ricamato di nuvole pare darti il benvenuto. Lontano, lontano, i Colli Berici abbracciano il sole e lo portano via. Una tazza di tè, la gatta raggomitolata sul divano e quel silenzio, basterebbe quest’ultimo a non confondere la tua vecchia città con la nuova: al buio il fascino urbano diventa così esuberante da sentirtene subito folgorata. Una domanda continuamente si porta alla bocca di chi incontri: “ma non ti manca la Sardegna?”

No, ho ancora troppo da scoprire, ancora troppo da imparare e conoscere, e per quanto passino i giorni il Veneto è comunque troppo. Per corso Palladio e Piazza dei Signori, per i colli e le ville fuori città, non bastano le mie gambe stanche, non bastano le mie energie consumate dalla malattia, non basta una vita di fatiche, di sofferenze mascherate con il sorriso o con la tenacia, la volontà non basta.

Attendo che mi venga restituita la mia vita, con le lacrime agli occhi oggi mi accorgo che ho paura, paura di non fare in tempo. La mia è una corsa senza movimento, e in questo non l’isola, non avrebbe potuto, ma la marcia rapida ed instancabile del nord est mi è più di sostegno.

E in tutto questo, ringrazio il Veneto per la sua concreta accoglienza.

S.C.

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