Questioni aperte: Sclerosi Multipla, CCSVI e altre faccende (prima parte)

Il punto di vista dell’umanista

(linee guida per un pamphlet)

 

 

1. Riflessioni sul concetto di “terapeutico”

2. Tre anni di mobilitazione per la CCSVI: cos’è cambiato

3. Rapporto medico-paziente: storia di una sconfitta

 

 

1. Riflessioni sul concetto di terapeutico

 

Nonostante l’enorme dispendio di risorse in termini di tempo e finanziamenti, utilizzati per la ricerca nella sclerosi multipla, pare di essere arrivati a un vicolo cieco. Il concetto di autoimmunità, utilizzato spesso dalla Medicina per categorizzare la sfera dello “sconosciuto”, non ha ottenuto risultati soddisfacenti, non solo per la cura della malattia, ma soprattutto in riferimento al miglioramento della qualità di vita dei pazienti. La nuova generazione di ricercatori si spinge sempre più nell’affermare che la sclerosi multipla è una malattia neurodegenerativa e non autoimmune.

Un business troppo costoso in tempi di "vacche magre"

Un business troppo costoso in tempi di “vacche magre”

Questo, lungi dall’ergermi a scienziato, non lo dice chi scrive, lo dicono i numerosi studi pubblicati in questi ultimi anni e che hanno sancito in maniera per niente equivoca il fallimento della Scienza rispetto a milioni di persone nel mondo. Il Governo inglese, tempo fa, aveva chiesto di diminuire gli altissimi costi dei farmaci per la sclerosi multipla, poiché i prezzi degli stessi erano ingiustificabili in considerazione dei risibili benefici, un peso severo sulle finanze pubbliche della Sanità di ogni nazione. Ancora, a seguire, tale concetto è apparso all’American Accademy, e infine, un ultimissimo studio riprende il fenomeno già esplicitato da quanto apparso in precedenza. La Scienza oggi ci dice che l’inferferone e il copaxone non riducono la progressione della malattia, ma il numero delle ricadute, che gli effetti benefici sulla vita intera di un malato sono assolutamente esigui, tanto che le differenze rispetto a un paziente che non ha assunto farmaci si calcolano di pochi mesi di benessere in più. Ma questo per la neurologia internazionale non è una novità: a porte chiuse, sulle riviste scientifiche specialistiche, fino a ieri non accessibili ai pazienti, l’argomento era da anni ampiamente trattato, tanto che la comunità scientifica internazionale in merito aveva già sentenziato che per i malati di sclerosi multipla ci voleva “qualcosa di più forte”.

Definisco questo passaggio “la perdita dell’innocenza” nel mondo della sclerosi multipla: la morte è entrata nei centri di sclerosi multipla (CSM), non che prima non ci fosse, ma stavolta la causa è proprio da ricercarsi nelle stesse terapie, fenomeno che è arrivato persino a ridurre statisticamente l’aspettativa di vita dei pazienti. Sono entrati a far parte delle terapie per la citata malattia, gli immunosoppressori, ovvero i chemioterapici, che a dosaggi più bassi avrebbero dovuto rappresentare il nuovo traguardo: sì, un traguardo è stato raggiunto, la leucemia e altri tipi di tumori, oltre a tutti gli altri effetti collaterali comuni a tutte le chemio, sono entrati nei CSM dalla porta principale. Come se non bastasse, sono seguiti “gli anticorpi monoclonali”, la nuova generazione di farmaci, assai più tecnologicamente avanzati, che avrebbe dovuto eliminare i problemi legati alla somministrazione, rendendo il paziente più autonomo e la sua vita più leggera: nel giro di pochi anni, se non bastassero le decine di morti alle spalle per infezioni mortali del sistema nervoso e altri tipi di infezioni invalidanti, decessi per problemi legati alla cardiotossicità, ecc., è sempre più evidente, dapprima sul tysabri e poi sul fingolimod, che all’interruzione degli stessi, perché non si possono prendere che per un breve lasso di tempo, la malattia ha dei peggioramenti spaventosi e una progressione importante.

In tutto questo, l’unica cosa ormai certa è che stiamo assistendo a un abominio, a cui le principali associazioni di pazienti del pianeta, colluse con un sistema milionario che pur fa acqua da ogni parte, non alzano una sola voce per denunciare lo scandalo.

Senza entrare nella polemica economico-politica (si leggerà nella seconda parte), dobbiamo affermare che c’è qualcosa che non va, e forse dovremmo con onestà intellettuale ammetterlo, c’è probabilmente un problema di metodo alla base, un discorso legato anche al modo d’intendere la malattia, dunque d’intendere la misurabilità della stessa, della sofferenza del paziente, la distinzione tra le gravità, la capacità di discernere cosa sia veramente terapeutico, da ciò che non lo è .

Abbiamo cercato l’oggettività nel numero, la quantificazione del discorso patologico e dunque terapeutico: abbiamo quantificato la gravità della malattia contando il numero di lesioni in risonanza magnetica, salvo tempo dopo confessare che questo metodo era totalmente fuorviante e che non dava indicazioni significative, abbiamo quantificato la sofferenza dei pazienti contando il numero delle ricadute, per poi restare assolutamente impreparati quando le loro malattie entravano nella fase progressiva, abbiamo contato tante cose, dimenticando che le cose più importanti non si possono contare. Abbiamo contato i morti, abbiamo ritenuto che poche decine era in fondo un numero accettabile. Accettabile. Hannah Arendt sosteneva che l’accettazione del male minore è il primo passo verso l’accettazione del male in sé [Dalla mia tesi di laurea triennale “Viaggio nell’impolitico”].

Questo vale per la sclerosi multipla, ma anche per tante malattie, e di oggettivo alla scienza medica è sempre rimasto molto poco, perché non è una scienza esatta: forse ai nostri medici, ai nostri neurologi, servirebbe un po’ di oggettività fittizia in meno e un po’ di empatia in più.

Io non lancio anatemi contro qualcuno in particolare, il mio non è mai un retorico sfogo, un attacco personale fine a se stesso, io lancio un messaggio nella bottiglia, aspettando che qualcuno abbia l’intelligenza e il coraggio di raccoglierlo. S.C.

 

Continua

Comments
  1. Posted by Stefania
  2. Posted by sandro
  3. Posted by Stefania

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