Vicenza: a tavola con autoironia

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“Veneziani gran signori, Padovani gran dottori, Vicentini magna gati, Veronesi tuti mati, Trevisani pan e tripe, Rovigoti baco e pipe, Belunesi pochi sesti.”

È a partire da questa espressione popolare veneta che la Confartigianato di Vicenza ha dato impulso a un’iniziativa gastronomica, nata dalla sapienza artigianale di sette amici pasticceri berici, creando un dolce che fosse espressione dei sapori del territorio vicentino, che è stato chiamato appunto “La Gata” (la gatta). Si è cercato dunque di ricostruire qualcosa che riportasse una tipicità peculiare, un po’ come risposta al Pandoro veronese.

Ma perché i vicentini vengono definiti “magna gati”? La leggenda vorrebbe che “durante una pestilenza gli abitanti della città berica furono costretti a sfamarsi di gatti”. Un’altra versione narra che “un’invasione di topi li spinse a scatenare per le vie cittadine un esercito di felini”.

Ma forse la verità è da ricercarsi nel linguaggio, come ci ricordano nella stessa scatola de “La Gata”: “avete mai notato quante volte il nome ‘gato’ viene usato nella parlata vicentina? ‘Far le gatele’ o ‘le gate gate’, camminare ‘a gatoni’ o a ‘gato magnao’. Rimanendo in tema linguistico, per chiedere ‘hai mangiato’ in dialetto veneziano si pronunciava ‘ti ga magnà’, in padovano ‘gheto magnà’, mentre in dialetto antico vicentino ‘gatu magnà’”.

Oltre la leggenda, i vicentini dimostrano ancora una volta la loro autoironia, che in fondo ce li rende simpatici per quella tipica goliardia veneta, in Sardegna sconosciuta: i sardi, ben più seriosi, non giocherebbero mai sulla propria storia e tradizione, tanto meno sulla lingua, “sa limba”, che storicamente resta a salvaguardia di un popolo più volte conquistato e colonizzato, rendendo la scelta vicentina ai nostri occhi, di sardi trapiantati in terra veneta, piacevolmente sorprendente.

Una lista di pasticcerie che invadono tutto il vicentino, segna, in una brochure apposita, i luoghi dove è possibile reperire il dolce. Ecco, allora, che nelle vetrine delle pasticcerie del consorzio, vengono esposte le scatole de “La Gata”, un packaging ben studiato e apprezzabile, con quei rimandi ai disegni e alle opere di Andrea Palladio, giusto vanto di ogni vicentino.

Il dolce prevede ingredienti esclusivamente del territorio berico, “farina bianca e farina gialla di Mais Marano, grappa vicentina, burro, latte e miele della provincia berica, più un pizzico di mandorle e cacao”: è proprio la grappa a rendere ancora più genuina “La Gata”, perché senza conservanti, si mantiene così “buona e fragrante” per quaranta giorni.

Assaggiando il dolce, in effetti, i sapori si percepiscono tutti e il valore artigianale della cultura pasticcera si scioglie in bocca. Resta al goloso acquirente il piacere di divertirsi a disegnare zampette di gatto sul dolce, con lo zucchero a velo, con il particolare stencil e la bustina di zucchero, già presente in confezione, come ci spiega divertita, la gentile proprietaria della pasticceria. Il dolce può venire accompagnato da una bottiglia di vino vicentino, o ancora, è possibile trovare, nelle stesse pasticcerie, anche “I Gatei” (i gattini), dolcetti di vari gusti, da spiluccare, accompagnandoli con qualche bevanda.

Che i vicentini mangino gatti ci risulta difficile, ma certo non potranno non assaggiare e regalare “La Gata” e “I gatei”: noi li metteremo in valigia, quando torneremo nell’isola. S.C.

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