Perché Vendola non è un mio compagno

Autore: | Pubblicato in Pensieri sparsi 10 Commenti

È di questi giorni la polemica a sinistra, scaturita da una dichiarazione di Nichi Vendola che intenderebbe mettere in soffitta l’uso della parola “compagno” e preferirebbe “amico”: «Nel Pci mi dicevano che non si doveva dire “amico”, che bisognava dire “compagno”. Ho passato tutta la vita a ripetermi questa frase. Ma ora ho capito che era una stronzata, perché è stato un alibi per molti crimini. Io preferisco stare con molti amici, che mi aiutano a crescere».

La cosa ha scatenato un putiferio, in particolare ne è nata una cocente discussione all’interno del suo stesso partito: ma del resto cosa ci si poteva aspettare da un partito che si è caratterizzato per la rinuncia simbolica alla “falce e martello”, che già preannunciava il taglio netto con le origini, che si è chiamato “Sinistra e libertà”, laddove il richiamo alla Sinistra riprende la mistificazione della contrapposizione tra destra e sinistra tipica dello Stato liberale, e quella “libertà”, ormai svuotata di ogni significato, usata da parte a parte perché se non puoi parlare di uguaglianza, parla almeno di libertà. E ancora, con questa peste del berlusconismo che ha infettato l’intera politica italiana, una peste che si chiama personalizzazione della politica, dove la leadership carismatica è diventata più importante dei programmi, delle idee, degli obiettivi di una costruzione collettiva e partecipata del bene comune: Vendola s’inserisce pienamente in questa degenerazione del sistema.

La parola “compagno” è connotativa e caratterizzante di un’appartenenza condivisa, certamente non partecipata da Vendola, che è culturale, intellettuale, storica, filosofica, prima ancora che sociale. “Amico” invece, risulta un termine ambiguo che ricorda le nefaste costruzioni moderne dello Stato liberale, quella contrapposizione “amico vs nemico” alla Carl Schmitt. Dunque, in quest’affermazione vendoliana non c’è nulla di avanguardistico, progressista: c’è un balzo indietro di anni luce che fa collocare il suo partito più a destra del PD che alla parola compagno non ha inteso rinunciare. Sarebbe il caso che la politica tornasse a pesare le parole.

Quando un partigiano, un sindacalista, un operaio, un liceale, mi chiamano compagna, rivendicano un percorso comune pur nella distanza generazionale, perché la critica marxiana e marxista ad oggi, rappresenta ancora la più intelligente, brillante analisi storico-materiale, al di là degli eccessi, degli errori e delle interpretazioni discutibili emersi, della realtà e del pensiero capitalista e liberista.

Per questi motivi Vendola non è un mio compagno e, a dire la verità, fatico a definirlo anche un mio amico.

S.C.

Comments
  1. Posted by aldo
  2. Posted by Stefania
  3. Posted by francesco
  4. Posted by Salvatore
  5. Posted by Stefania
  6. Posted by Giovanni Fancello
  7. Posted by Stefania
  8. Posted by tootsie
  9. Posted by Stefania
  10. Posted by Salvatore

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