Il risveglio del sentimento nazionale

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Ipotesi per una chiave di lettura degli eventi

Certo qualcuno avrebbe preferito che il 150° dell’Unità d’Italia passasse un po’ in sordina, senza troppo entusiasmo popolare ed un semplice vuoto retorico da consueta celebrazione: la risposta del Paese, geograficamente e socialmente trasversale, ci ha lasciato, probabilmente, piacevolmente sorpresi, riscontrando un senso, lungi da un inquietante patriottismo di maniera, di condivisione ideale.

Questa partecipazione a più riprese, questa commozione, questo spirito unitario non si è espresso casualmente in questa parentesi temporale: è parso trattarsi della necessità profonda di ritrovare le proprie radici storiche ed avviare una riconciliazione nel nome di un vissuto condiviso, di una memoria troppo superficialmente sottoposta a discutibili revisionismi ed interpretazioni partigiane, nell’evocazione evidente di un’unità, mai come ora necessaria, votata al superamento del momento di crisi contingente.

Dunque, il sentimento nazionale riemerso non è che una reazione allo sgretolamento globalizzante, a regionalismi e localismi infertili, per rispondere con durezza all’egoismo centralizzatore degli ultimi decenni, dove affondano le basi instabili su cui si è costruita una società che oggi ci appare brutalmente nei suoi aspetti più degenerati, palesando le contraddizioni che l’hanno storicamente contraddistinta.

Rinascimento, Risorgimento e Resistenza costituiscono i momenti più significativi dell’edificazione nazionale, richiamati orgogliosamente dai cittadini di questo Paese che lascia poco spazio al tempo celebrativo e si ricompone in un tempo concreto, sanguigno, tangibile. Dunque, lontano dagli stendardi e dalle fanfare, il sentimento popolare parla chiaro: rievocare l’unità nazionale in un periodo di forte crisi economica, in cui la disoccupazione giovanile registra il suo massimo storico, dove la corruzione è la peste che infetta la nostra classe dirigente, è il grido disperato di un Paese che afferma, contro ogni tentativo separatista, la propria dignità, l’orgoglio d’appartenenza, il desiderio di riscatto.

Scandalizzarsi per un nuovo patriottismo di sinistra sembra dunque fuori luogo, piuttosto è la maggioranza della popolazione, prostrata dalla crisi, a chiedere con questo moto d’orgoglio e d’intransigenza storica, non priva di analisi delle sue criticità reali, a cercare uno sbocco, una speranza, a partire da un nuovo patto popolare tra nord e sud del Paese.

Si ripone quindi, in risposta a queste tenebre correnti, una nuova “questione nazionale”, in cui la cittadinanza non vuole più restare passiva, subendo il divenire della storia, piuttosto rivendica il suo ruolo nella genesi dell’Italia che sarà.

Stefania Calledda

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